La Cina nella nuova situazione internazionale

Il ritorno di Trump alla Casa Bianca ha avuto l'effetto, fra i tanti, di ridefinire i rapporti con la Cina. Le conseguenze saranno di grande portata, e per ora possiamo solo vederne alcune

Questo articolo è uscito originariamente nella rivista Il Mulino. Qui è riportato parzialmente. Per leggerlo nella versione integrale, clicca qui.

 

Il recente insediamento di Trump alla Casa Bianca continua a essere sotto vari aspetti un rebus che si complica ogni giorno e che suscita gravi incertezze e interrogativi. Non è improbabile che molti atteggiamenti tendano a dare un’immagine forte e tracotante di un’America invece indebolita non solo dal forte disavanzo commerciale e dal grande debito pubblico, ma anche dalla competizione di altre potenze. L’attenzione è concentrata specialmente sui dazi e sui nuovi equilibri internazionali che si vanno delineando.

 

Certo, sono passati secoli da quando i padri fondatori dell’America intrattenevano un rapporto diretto con i grandi intellettuali e politici europei e forse da tempo gli americani coltivano un senso di superiorità verso gli europei (cfr. M. L. Salvadori, L’Europa degli americani. Dai padri fondatori a Roosevelt, Laterza, 2005), sentendosi a buon titolo più innovatori e sperimentatori. Ciò non toglie che il rapporto abbia sempre avuto i tratti di una alleanza sentita e destinata a durare. È da aggiungere che quando si dice Europa, si fa qui riferimento non solo all’Unione europea, che ha sempre mantenuto uno stile di governo diverso da quello americano, socialmente più solidaristico e più regolatorio in economia, ma anche alla Gran Bretagna: un Paese che con gli Stati Uniti ha sempre avuto un rapporto privilegiato rispetto ad altri Paesi europei, dato il legame “di sangue” e la comune cultura liberale.

Fa impressione che Trump, mentre tratta con disprezzo l’Europa, mostri inquietanti segnali di avvicinamento alla Russia, che proclama “potenza mondiale”

Maria Rosaria Ferrarese - autrice dell'articolo originale

[…] Un terzo aspetto, da considerare last but not least, perché riveste una enorme importanza, naviga in direzione nettamente anti-occidentale. Trump si presenta al mondo infatti anche come disruptor dell’ordine istituzionale vigente, sia all’interno, sia a livello internazionale, ossia di un ordine basato sulle regole giuridiche, invece che sulla forza e sull’arbitrio. Nessuno può negare che varie di quelle regole siano state varie volte inapplicate o distorte dagli stessi occidentali, in nome di interessi di parte, e spesso a svantaggio delle parti più deboli. Ma oggi sta accadendo che le regole del diritto internazionale e del diritto costituzionale, i princìpi su cui gli Stati e l’autorità pubblica sono stati costruiti, soprattutto in Europa, vengano clamorosamente dismessi dallo stesso presidente degli Stati Uniti. 

 

[…] I vincoli giuridici sono una parte essenziale del meccanismo democratico e proprio gli Stati Uniti avevano insegnato al mondo l’idea dei checks and balances, come criterio di fondo per organizzare i poteri pubblici in modo da non far prevalere eccessive concentrazioni, e il diritto antistrust per impedire lo stesso fenomeno in area economica.

 

Tutti siamo in attesa di vedere come funzioneranno i famosi “contropoteri” del sistema americano, ossia le Corti, la Corte Suprema, i poteri statali, resi spesso oggetto di pesanti minacce, e anche le cosiddette independent regulatory commissions (anche queste poco amate e prese di mira), per arginare la straripante illegalità del presidente.